Biografia di Umberto Tozzi

Radio Filger online :)

19 Set 2017 -

2xue9

Un bis, come a teatro

Stavo guidando. I volti di alcuni clienti non riuscivo a togliermeli dalla mente.

«È un ottimo investimento, tra i migliori sul mercato».

Spesso, dopo un primo colloquio, succedeva che proponevo l’acquisto di obbligazioni a basso rischio a persone che avevano dai 5000 euro in su non vincolati, in deposito. Spesso erano frutto di risparmi accumulati negli anni. Il fatto che fossero a basso rischio li tranquillizzava. Le agenzie di rating però, proprio perché il rischio era bassissimo, valutavano questi titoli pochissimo, quasi a zero. Eppure la mia Banca spingeva, come politica aziendale, questo tipo di operazioni. Vedendo questo traffico, i conti non mi tornavano. A lungo andare avrebbero messo in crisi il sistema. Ne parlai con il mio direttore.

«Hai mai visto fallire una banca?» fu la sua lapidaria rassicurazione.

Non era questo il punto. Non il principale per me. I risparmi dei clienti rischiavano di andare in fumo da un momento all’altro. E la mia faccia, il mio volto, erano riconducibili al cerino che li avrebbe bruciati.

 Prima di mettermi in auto avevo telefonato ai miei.

«Devo dirvi una cosa. Ma non per telefono, ve lo dico quando ci vediamo».

Li avevo tranquillizzati anche se non ne ero così sicuro. Pensavo a tutti i sacrifici che avevano fatto per farmi studiare, l’appartamento a Venezia per evitare di andare avanti e indietro dal nostro sperduto paese della provincia di Rovigo, ogni giorno con il treno. Lo sapevo che era costoso anche se l’avevo diviso con altri due miei compagni. Poi finalmente la laurea in Economia, due anni fa alla Ca’Foscari. Ma quello che li aveva resi orgogliosi più di tutto era stata l’assunzione presso il Credito Veneto, una delle banche più prestigiose. Avere il figlio laureato e con un lavoro in banca era il massimo per i miei genitori. Loro, come tutti i miei parenti, avevano fatto sempre dei lavori dignitosi ma non certo ambiti. E come non tornare a guardarsi indietro. Appena due anni fa ero così felice della mia laurea, del mio ingresso nel Credito. Finalmente uno stipendio: potevo finalmente comprarmi delle cose senza chiedere soldi, l’inizio di un periodo che avevo tanto desiderato. Quello che non avevo calcolato, io, uno dei migliori studenti del Tecnico Commerciale, io con 107/110 in Economia e Finanza, era il prezzo di tutto questo. E il conto non si era fatto aspettare. Quand’ero piccolo un brutto voto lo nascondevo, se rompevo un vetro a pallone, scappavo. Ora combinavo guai stringendo mani, firmando lettere dove certificavo rating improbabili alle aziende, telefonando, sorridendo in maniche di camicia.

Dalla sede del Credito a casa dei miei ci vuole mezz’ora di strada. Stavo guidando da un’ora e quarto senza una meta, come se il contachilometri non avesse limiti. Dovevo andare dai miei, ma allo stesso tempo non volevo arrivarci. Poi successe una cosa che non avevo mai fatto. Vidi una piazzola a bordo strada. Accostai l’auto, spensi il motore. Appoggiai la testa sul volante e scoppiai a piangere. I camion sulla 309 Romea mi passavano accanto e lo spostamento d’aria mi faceva oscillare l’auto come un tormento inarrestabile.

Un’ora più tardi ero a casa dai miei. Mi sedetti in cucina e quando anche loro si sedettero vicino a me feci uno sforzo. Con gli occhi lucidi, con la vista che iniziava a sfuocare la stanza, le parole riuscirono a superare quell’invisibile ostacolo in gola.

«Non lavorerò più in nessuna banca» dissi, «Ho scritto una lettera di dimissioni oggi pomeriggio».


19/09/2017 Stefano_D                                                                    graphic by Stefano_D

2xue9


Share on Twitter! Digg this story! Del.icio.us Share on Facebook! Technorati Reddit StumbleUpon

Articoli in « In primo piano »

Commenti *

I commenti per questo articolo sono stati disabilitati.
Torna su