Biografia di Umberto Tozzi

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16 Feb 2014 - Tutto ha un prezzo

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TUTTO HA UN PREZZO

Butto l’occhio sul giornale lasciato aperto sul tavolino. Se non fossi un avvocato forse alle pagine di cronaca giudiziaria non ci farei neppure caso.L’articolo parla di una sedicente maga che ha spillato soldi a dei poveri disgraziati. Questi si erano illusi di poter guarire da malattie con improbabili rimedi. “Ho sempre fatto di tutto per il bene degli altri e senza preoccuparmi di me” dice la tipa intervistata dalla giornalista. Ho subito pensato ad Eleonora. È una frase che ogni tanto mi diceva. E me lo ripeté riferendosi a noi un giorno che discutevamo.So quanto crudeli possano essere quegli occhi verdi come il mare. Un mare calmo ma che può inquietarsi e divenire burrasca. Si avvicina la cameriera. Ordino un aperitivoanalcolico. Ho già mal di testa e non lo voglio peggiorare. Lei mi sorride gentilmente e ripone penna e notes nella tasca. Dev’essere nuova di questo mestiere: nel locale siamo in tre di cui due già serviti; mi chiedo come una non possa ricordarsi una simile ordinazione senza prendere appunti.  Raccoglie due tazze su un tavolo, le mette su un vassoio e si allontana. Eleonora ieri sera mi aveva scritto: ti chiamo tra 10 minuti.Non si è più fatta viva. Ho aspettato, anche una scusa qualsiasi mi sarebbe bastata e l’avrei perdonata come altre volte. Niente. Sono passato per casa sua. La macchina alle 10 di sera non c’era. Neanche dopo mezzanotte. Neanche dopo le due. Neanche alle tre. Neanche alle quattro passate. Mi sono sentito ridicolo, ho raccolto quel po’ di dignità rimasta e sono tornato a casa. Non so a che ora ho preso sonno. Ho aperto gli occhi prima di mezzogiorno e ho controllato subito il telefono: niente. Franco invece mi ha cercato tre volte. Gli ho scritto che non mi sarei presentato in ufficio e neanche il giorno dopo. Mi ha detto che doveva parlarmi assolutamente di alcune pratiche. L’ho costretto ad un appuntamento per le 18 in questo locale. Mancano cinque minuti e lui è già qui con la sua valigetta. Mi vede, si siede e estrae delle cartelline. Mentre fa questo mi chiede “Tutto bene?”. “No” gli rispondo serio “ho una disfunzionecardiaca.”Mi guarda per capire se aggiungo altro. Rimango in silenzio. “Spero non siano gravi e che si possano risolvere” mi dice. Non gli rispondo. Prendo il telefono per controllare. Niente. Franco apre la pratica e mi chiede cosa ne penso della posizione di Raul Malnati. “Se finisce in galera non combinerà casini per i prossimi cinque anni.” Non è la risposta che si aspettava. Riprendo in mano il telefono e controllo. Niente. “…perché ci sono quelle due raccomandate che con i loro fatti circostanziati lo inchioderebbero a…” lo fermo e gli chiedo “Cosa prendi?” Richiamo l’attenzione della cameriera e ordino un aperitivo anche per Franco. Naturalmente lei se lo appunta e se ne va verso il bancone. Franco continua a chiedermi cose da bravo praticante sulle quali non riesco a concentrarmi. Sono passate le 18 da almeno cinque minuti ed ecco che entra il motivo per il quale sono seduto in questo locale: Eleonorae un tipo. Sorridono, sembrano felici, si siedono, ordinano qualcosa. Li osservo non visto mentre Franco continua a parlarmi. Sapevo che sarebbero venuti qui. Qualche giorno prima, passando per caso li avevo visti entrare. Ero seduto in macchina che aspettavo Eleonora. Volevo farle una sorpresa appena lei finiva il lavoro. Invece due macchine più avanti esce quel tipo e le va incontro. Si sorridono. La prende sottobraccio, attraversano la strada ed entrano in questo locale. Come un idiota rimango fermo sul marciapiede. Qualche passante mi ha pure fissato. Ora lo so, non è stata una coincidenza: si frequentano. Penso: se fossi un giocattolo sarei perfetto in un ruolo in Toy story. Mi decido. Prendo il telefono e le scrivo: Ho aspettato 10 minuti 150 volte.Possono bastare? Prende il mano il telefono. Legge, poi scrive sulla tastiera. Franco mi chiede cosa ne penso del giudice Tornabuoi. Mi arriva un messaggio. Leggo: Ciao carissimo. Scusami ma è successo un guaio a mia madre. Appena esco dall’ospedale ti chiamo. Che frase senza suono. Non ho più voglia  di rimanere seduto in questo posto. Lascio 10 euro a Franco per i nostri aperitivi, mi scuso con lui. Gli dico che domattina in ufficio avremmo rivisto il tutto. Mi alzo dal divanetto e mi dirigo verso l’uscita. Guardo Eleonora e il suo amico. Voglio che mi veda. Che si accorga di me. Quando le passo vicino lei alza gli occhi. Rimane stupita. Mi dice “Ciao!” E’ imbarazzata e non sa cosa inventarsi. Non aggiunge altro. Non le rispondo neanche ed esco. Mi sono stancato dei suoi testacoda. Salgo in macchina e riprendo in mano il telefono. Le scrivo: Fagli sapere che tu le storie vuoi solo iniziarle e poi te ne vai!. Spengo il telefono, lo butto sul sedile e me ne vado.

Stefano_D 16.02.2014                                                                                                  graphic by Stefano_D

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